Un sogno chiamato Carnevale – Riflessioni sul Carnevale Storico Sangavinese

Agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, soltanto dei visionari sognatori potevano pensare di ideare un evento che in poco tempo avrebbe occupato un posto nell’èlite del divertimento dell’intera Sardegna.

Possiamo quindi definire il Carnevale Sangavinese uno shock positivo che ha portato il paese a godere appieno del periodo, probabilmente, più florido della sua economia. Periodo che ha avuto il merito di affrancare i sangavesinesi da quella realtà che li vedeva legati perlopiù al mondo industriale. Un cambio di visione, non un semplice evento folkloristico, un nuovo modo di intendere la vita, questo è stato in estrema sintesi il Carnevale Sangavinese. Agli inizi non c’erano di certo a disposizione ingenti risorse economiche e finanziarie ma c’era tanto entusiasmo, tanta voglia, tanta passione ma soprattutto c’era un forte spirito di appartenenza alla comunità. Il Carnevale Sangavinese è un evento che durante le sue prime due decadi è cresciuto di edizione in edizione, viziando così tutti gli spettatori e tutti i soggetti interessati, quelli che oggi vengono comunemente chiamati stakeholders.

La comunità di San Gavino ha avuto il grande merito di essere riuscita a realizzare, tra le non poche difficoltà, qualcosa di molto grande, inimmaginabile agli inizi. All’epoca forse non ci si rendeva conto della propria forza quando si raggiunsero obiettivi quali quello di ospitare oltre cinquantamila persone durante le sfilate, oppure la trasmissione via satellite in televisione della diretta dell’evento, visibile in gran parte d’Europa. E i tanti emigrati sardi ancora ringraziano. Non è un caso, quindi, che il declino del Carnevale Sangavinese sia arrivato con l’avvento della crisi economica globale. Troppe colpe sono state addossate alla cittadinanza, che non ne è esente, ma non è neanche l’unica colpevole.

Il Carnevale Sangavinese è lo specchio della comunità sangavinese, nel bene e nel male. È stato il più grande colpo di teatro che i sangavinesi hanno ideato negli ultimi cinquant’anni. Ha rappresentato, rappresenta e rappresenterà ciò che siamo.

Ovviamente non se ne vuole parlare solo al passato, il futuro però dev’essere diverso. Il mondo è cambiato, il Carnevale deve cambiare. Senza sommi giudizi, partiamo dal presente. Nel 2017 la trentatreesima edizione del Carnevale Sangavinese ha sancito l’inserimento dell’evento tra i “Carnevali Storici d’Italia”, un rinomato ed esclusivo elenco istitui­to dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Ma è un riconoscimento che ha la sua storia che parte, come dicevamo, dagli anni Ottanta. Gli anni Ottanta, quelli del mondiale in Spagna, dell’attentato al Papa, della Caduta del Muro di Berlino e della nascita del Carnevale Sangavinese.

Sì, i sangavinesi tra i grandi eventi degli anni Ottanta inseriscono anche la nascita del tanto amato Carnevale. E come potrebbe essere altrimenti? Se dapprima era una festa libera, col solo gusto del divertimento mascherato, con gli anni la formazione di un comitato organizzatore, l’imposizione delle regole e la partecipazione di artisti prestigiosi e bravissimi hanno permesso che l’evento diventasse anche una piacevole e partecipata competizione. L’emblema del sano agonismo è rappresentato da “Su Torraponi”, un coppa che, come da nome, va rimessa in palio l’anno successivo. E che solo chi la vince per tre volte può tenersi per sempre. Così succedeva con la Coppa Rimet durante i mondiali di calcio, così succede con “Su Torraponi” nel Carnevale Sangavinese.

A proposito di paragoni. Con carri di cartapesta sempre più belli, vestiti sempre più maestosi, il Carnevale Sangavinese aveva creato un movimento sociale ed economico incredibile. Una piccola Viareggio. Una settimana di festa che dura un anno e si conclude con lo spettacolare rogo pirotecnico de “Su Baballotti”. “Su Baballotti è il simbolo di ogni edizione del nostro Carnevale, un piccolo e brutto pupazzo di cartapesta a cui tutti i sangavinesi si affezionano per una settimana. Baballotti scritto rigorosamente con due T finali in quanto l’intento degli ideatori era quello di riferirsi, per assonanza e satira politica, all’allora sindaco Bertolotti. Anche questa è storia di San Gavino Monreale.

Il Carnevale è allegria ma anche allegoria. Se il futuro è stato fin troppo bello e il presente è, come per tante cose, piuttosto incerto, il futuro dev’essere perlomeno costruttivo. Possono mancare le persone, possono mancare i soldi, ma non possono mancare le idee. Ottime quelle che si sentono da tempo. I laboratori permanenti della cartapesta sono utili per coinvolgere anche le scuole ma soprattutto per coinvolgere i più giovani e far sì che questa importante tradizione che possediamo non si perda nel tempo.

Il museo del carnevale, di grande impatto turistico, permette di non restringere il carnevale a essere una settimana di musica, canti e balli. Una commissione comunale sul Carnevale Sangavinese consente la discussione costante e duratura, insieme alla tanto vituperata politica, sul futuro e sulle problematiche di un evento tanto importante. Ma possiamo stare tranquilli, di idee ne arriveranno, soprattutto nei periodi più cupi. D’altra parte la forza di un’idea si misura nella sua capacità di rinascere. E citando Victor Hugo “nessun esercito può fermare la forza di un’idea quando arriva in tempo”.

E nessuno può fermare un sogno soprattutto se questo sogno si chiama Carnevale Sangavinese.

(Riproduzione riservata)

Luca Fois

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